
Eccolo il vero momento-clou del G7. Finalmente il riporto di Trump e i silenzi della Merkel hanno lasciato spazio all'abbraccio fra il sindaco di Amatrice e il primo ministro canadese, Justin Trudeau. Con il silenzio sempre in agguato e che è il vero nemico di tutti gli sforzi che ci sono da fare per la ricostruzione, il giovane leader della Foglia d'acero ha riportato attenzione e senso di responsabilità non solo su Amatrice, ma su tutto il Centro Italia. Ma ci doveva pensare lui? Senza Trudeau che facevano, non ne parlavamo più di Amatrice?
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Justin Trudeau non si è fermato a Taormina, non è rimasto impagliato nel cerimoniale e nel groviglio di comunicati e sfumature del vertice super blindato del G7.
Ha scelto la vita vera, il giovane leader di Ottawa, la capitale di un Canada spesso sottaciuto ma che è fra le potenze del G7, anzi il G7 si chiama così da quando i canadesi si sono uniti a USA, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Italia.
Datemi un elicottero (anche simbolico, nella domenica tutta italiana dello sciopero aereo) e datemi Amatrice, sono state le volontà di Trudeau.
Lui è una sorta di Tony Blair, di Matteo Renzi post litteram.
Giovane, moderno, fascinoso, veloce, attento, dinamico, ma nel momento in cui ha abbracciato Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice rimasto a guardia di un posto che rischia di morire non di terremoto ma di disattenzione, tutto questo non contava più.
Le macerie di Amatrice sono arrivate dritte al cuore del giovane leader canadese, non lo hanno lasciato insensibile, ha fatto suo il peso di una tragedia senza fine e ha riportato Amatrice sotto le luci dei riflettori.
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"Non preoccuparti, so cosa devo fare", ha detto Trudeau a Sergio Pirozzi poco prima di lasciare Amatrice.
Quello di ieri era il giorno dell'anniversario del primo ministro canadese e di sua moglie Sophie (nulla a che vedere con Melania Trump), avrebbe potuto consacrarlo ad una gita in barca, ad un semplice e banale buon ristorante.
E invece ha voluto regalarsi le emozioni e i brividi che, ancora oggi, a mesi di distanza, un sisma sa trasmettere a chi ne entra in contatto, con tutte le sue conseguenze e tutte le sue cicatrici.
Dopo la commozione il pranzo e dopo il pranzo, ancora commozione.
Sono molti i cittadini e gli elettori italiani che hanno avuto la sensazione, anche se qui entriamo nel regno inestricabile dei se e dei ma, che sarebbe stato bello essere governati dal giovane Justin, che forse lui le casette prefabbricate ai terremotati le avrebbe date prima, che le macerie le avrebbe sgomberate prima.
Non lo si può affermare, non esiste la controprova, non sappiamo nemmeno se una volta spente le telecamere sul decollo dell'elicottero del leader canadese ci sarà davvero un seguito ai suoi impegni, ma certamente la traccia che ha lasciato Trudeau ad Amatrice è che con uno come lui alla guida una azione di governo possa essere più leggera e realizzabile.
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FONTI:
Per il contenuto: L'abbraccio al Sindaco è già un simbolo, huffingtonpost.it, 28 Maggio 2017.
Per l'immagine: www.we-news.com
Articolo scritto da:
Mauro Suma, il Direttore Responsabile (leggi la sua biografia).